Dal 1856 Teodoro Cottrau assume pienamente le redini dell’antica Girard di cui era diventato unico proprietario l’anno prima e si appresta a divenire, sia come editore che come compositore, il protagonista indiscusso di quest’ultima fase, come il padre Guglielmo lo era stato della prima. Uomo “vulcanico” e dai molteplici interessi, giornalista e scrittore, si laureò in legge e si occupò anche di politica ma fu soprattutto, come il padre, editore e compositore.
A lui si deve l'edizione depositata nel 1865 (ma forse risalente al 1848) dei Passatempi Musicali. Raccolta completa delle celebri canzoni napoletane composte da Guglielmo Cottrau. Collezione periodica delle 113 canzoni, pubblicata dal 1827 al 1847, dove tutti i brani sono attribuiti al padre Guglielmo.
Dello stesso anno è la sua prima raccolta personale di canzoni napoletane, Brezze di Santa Lucia, che, pubblicata il 30 Dicembre del 1865, contiene i dieci brani di “sua” composizione tra i quali la famosissima Santa Lucia ma anche La sorrentina, Lo vero Ciuccio de Cola, la Tarantella de Zì Catone e Mariuccia. Alcuni di questi brani erano stati pubblicati precedentemente nei Supplementi ai Passatempi Musicali parte 2ª: Mariuccia, apparsa anonima nel 4º Supplemento col sottotitolo Canzoncina popolare come si canta per le strade di Napoli, o anche La Sorrentina. Nuova Canzone, pubblicata anonima nel 6º Supplemento.
Della celeberrima Santa Lucia da sempre attribuita a Teodoro Cottrau, che la pubblicò a suo nome a partire probabilmente dal 1848, abbiamo trovato cinque versioni su fogli volanti che, per quanto tutti privi di data, indicano per lo meno l’ampia circolazione che il brano aveva tra i ceti popolari. Altro indizio della sua popolarità sono le sue “parodie” tra le quali quella apparsa, nel 1861, sul giornale “garibaldino” Pulecenella e lo diavolo zuoppo, vale a dire un brano, firmato da Domenico Jaccarino, dal titolo Oje né, siente ll’addore, siente ll’addore!! zoè Lo maruzzaro de la festa, che, come recita il sottotitolo, se canta ncopp’a lo motivo de Lo Varcajuolo de Santa Lucia. L’ipotesi più verosimile, alla luce della documentazione acquisita, è che la versione in italiano di Cossovich sia una “traduzione” o, per meglio dire, una “interpretazione” di una precedente versione napoletana, finora inedita, diffusa su un foglio volante anonimo. Allo stesso modo è abbastanza verosimile pensare che la musica di Santa Lucia non sia opera del tutto “originale” di Teodoro Cottrau ma frutto della rielaborazione di un motivo sul quale si cantava un’anonima canzonetta urbana, anche questa diffusa su fogli volanti.
Verso il 1868 cominciarono a uscire, per le edizioni Cottrau, una serie di raccolte sotto il titolo generale de La Chitarra di Friso. Nuova serie di canzoni serenate e barcarole napoletane, contenenti non solo brani di Teodoro ma anche di altri compositori. Due al momento le raccolte individuate, ciascuna di 6 brani: la prima raccolta contiene esclusivamente brani di Teodoro, la seconda raccolta invece quattro brani suoi (tra cui uno firmato con lo pseudonimo di Eutalindo Martelli), un brano di Ludovico Perullo (Filomena) e uno di Giovanni Castaldi (La Manella). Tra i brani segnaliamo la famosa Mariannina. Canzone pel popolo composta da Teodoro Cottrau. Dopo La Chitarra di Friso, Teodoro inaugurò, forse dal 1869 in poi, un progetto molto più ampio che confluì nella raccolta intitolata Eco del Vesuvio, completata verso il 1874 e divisa in 16 album, ciascuno con 6 brani, a parte l’ultimo, dal titolo Santa Lucia, con 10 canzoni. La raccolta conteneva complessivamente cento canzoni napoletane: ben trenta firmate dello stesso Teodoro, altre di diversi compositori della “seconda” e “terza generazione” (Florimo, Labriola, Biscardi, De Giosa, Cammarano, Fischetti e altri) più alcuni dei vecchi brani pubblicati da Guglielmo Cottrau, riproposti dal figlio, talvolta in diverse tonalità. Tra i brani di Teodoro venivano riprese molte canzoni già pubblicate nella raccolte Brezze di Santa Lucia e nei due album de La Chitarra di Friso. Invece, tra i brani “nuovi” da lui composti troviamo una Canzone al principe di Napoli e diversi brani presentati per la festa di Piedigrotta, a partire dagli inizi degli anni ’70, tra i quali Palummella.
Oltre ai brani napoletani contenuti nelle raccolte, Teodoro Cottrau, usando spesso lo pseudonimo di E. Martelli, compose canzoni patriottiche e politiche in italiano, legate alla cronaca e alle vicende di quegli anni, e spesso riunite in album contenente anche brani di altri autori, si veda ad esempio la raccolta Inni Nazionali dell’Italia Libera pubblicato il 10 settembre del 1860. Due di queste canzoni sono però in dialetto napoletano (La bannera de tre colure e la Canzone al Principe di Napoli) e testimoniano, ancora una volta, il radicamento della sua ispirazione su un terreno particolarmente fertile come quello dell’inventiva popolare. E’ infatti del 1860 un brano dal titolo La nocca de tre ccolure, con testo di Tommaso Ruffa in otto strofe pubblicato su Lo cuorpe de Napole e lo Sebbeto. Come musica si adoperava il motivo de Lo Zuoccolaro composto da Labriola e con lo stesso schema metrico. Teodoro Cottrau, attento alle novità musicali “urbane” napoletane, rielabora sia il testo e la musica de La Nocca, e la propone come “sua” composizione a livello nazionale col titolo La bannera de tre ccolure. La Nocca de tre ccolure ebbe un successo notevole, tale da essere parodiata dal suo stesso autore, Tommaso Ruffa, in un brano Lo vero carnacottaro napolitano, pubblicato sul giornale “garibaldino” Pulecenella e lo diavolo zuoppo.
Altre canzoni napoletane di Teodoro Cottrau, non incluse nelle raccolte pubblicate, sono Margarita, La trezzella de Teresella!, e altre ancora successive al 1874 e dunque non incluse nella raccolta Eco del Vesuvio (Fronna d’aruta. Canzone (per Piedigrotta 1875); La Stella di Santa Lucia. Barcarola napoletana e Cri cri. Canzone nuova di Piedigrotta 1876). Nella produzione di Teodoro abbiamo infine l’Album della Regina. 40 Serenate del Golfo risalente alla fine del 1878 (poiché offerto alla Regina per il suo compleanno il 20 Novembre del 1878) ma pubblicato nel febbraio del 1879. L’album, con brani di diversi autori (tra cui spiccano anche i nomi di Luigi Denza e Vincenzo Valente), conteneva gli ultimi brani di Teodoro, dei quali uno solo in napoletano, vale a dire E benedetta Màmmata, ironico e innocente ‘spogliarello’, di cui si conosce anche un’altra versione, più nota e abbastanza simile, precedente di qualche anno (1875ca), dal titolo ‘A Cammesella, firmata da Luigi Stellato e Francesco Melber.
Poco tempo dopo l’uscita dell’Album della Regina, esattamente il 30 marzo del 1879, Teodoro Cottrau passava a miglior vita e con lui si chiudeva, anche a livello simbolico, un’intera epoca della canzone napoletana che era stata aperta dal padre Guglielmo, più di 50 anni prima, con l’avvio dei Passatempi musicali.
Altro protagonista di questa ultima fase storica, agli albori della canzone napoletana, è senza ombra di dubbio Luigi Chiurazzi, al pari di Cottrau personaggio dai molteplici interessi e dalla multiforme attività: giornalista, scrittore, libraio, editore, attivista politico ed anche autore di canzoni, seppur solo per la parte testuale. Nato nel 1831, vivrà per ben 95 anni, attraversando quindi tutta la seconda metà del secolo XIX. Iniziò la sua attività a 17 anni e la sua libreria (prima al Molo e successivamente in quella che oggi è piazza Cavour) divenne ben presto un cenacolo di patrioti e letterati, dove si potevano incontrare personaggi come Luigi Settembrini, Carlo Poerio, Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera. Partecipò giovanissimo ai moti del 1848 e nel 1860 vestì anche l’uniforme della Guardia Nazionale. Nel 1868 pubblicò una prima raccolta di soli testi dialettali (poesie, sonetti, testi per canzoni ecc.) di diversi autori, dal titolo Fascio de Chellete nove contegnose e freccecarelle, ristampandola l’anno successivo con un diverso titolo, Poesie popolari, con lo pseudonimo (un altro dei tanti da lui usati) di Gizuchi Rizù. Tra gli autori dei testi della raccolta, oltre allo stesso Chiurazzi e al barone Zezza, troviamo anche Raffaele Sacco che firma cinque testi tra cui ne segnaliamo uno dal titolo Lo Retuono de lo Cardillo, ulteriore risposta alla celebre Lo Cardillo ed eseguibile sulla stessa melodia poiché costruito sullo stesso identico schema metrico.
Al 1869 risale la sua principale opera nell’ambito delle canzoncine in napoletano, vale a dire La Chitarra Napolitana. Raccolta di nuove canzoni popolari per la quale ogni domenica usciva un foglio volante con un brano e a volte anche due brani: si poteva acquistare il singolo foglio al prezzo di un soldo oppure abbonarsi all’intera raccolta al prezzo di due lire e mezza,, come era puntualmente annunciato nei diversi fogli pubblicitari della raccolta. Alla pubblicazione parteciparono poeti dell’epoca (Mastrocinque, Marulli, Quinto, Coppola, Garofalo ecc.), lo stesso Chiurazzi con diversi brani e, ancora, Raffaele Sacco che “improvvisò” un brano dal titolo La Palommella d’oro, il comico Antonio Petito, il barone Michele Zezza ed altri ancora e, come autori delle musiche, Luigi Mazzone, Errico Petrella, Nicola Tauro, Di Nunno e molti altri.
L’anno dopo Chiurazzi pubblicò Spine e Rose. Versi in dialetto napolitano di Luigi Chiurazzi con ../illustrazioni e caricature dell’artista Errico Colonna e musiche dei maestri Ferdinando Bonamici, Vincenzo Di Nunno, Nicola Tauro e Luigi Mazzone, stampato a Napoli dalla Tipografia del Progresso: una strenna, dedicata a Totonno (Antonio) Petito, nella quale sono pubblicate anche diverse canzoni di Chiurazzi, di cui quattro accompagnate anche dallo spartito musicale: Lo Nnammorato traduto musicata da Mazzone, Ojè né se tu me vuò pensace buono musicata invece da Di Nunno, È troppo tardo con musica di Tauro e, infine, A nenna mia su note di Bonamici.
Dopo Spine e Rose, nel 1875 pubblica cinque volumetti, con cadenza mensile e con complessive 211 canzoni (53 nei primi 4 volumi., 52 nel quinto), con il titolo Scelta di Canzoni popolari in dialetto napolitano raccolte e pubblicate da Luigi Chiurazzi. Dei cinque volumetti si è conservato solo l’ultimo, allo stesso modo in cui non è stata ancora ricostruita integralmentepoco la sua ultima pubblicazione Li cante antiche de lo popolo napoletano raccuovete da L. Chiurazzi. Ne Lo Spassatiempo, vierze e prose nove e becchie di Luigi Chiurazzi, divisa in diversi volumi per annualità e contenente una serie di brani usciti periodicamente su Lo Spassatiempo giornale fondato e diretto da Chiurazzi, dal 1875 al 1880.
Tra le operazioni più significative di quest’ultima fase storica è sicuramente l’uscita della celeberrima raccolta dal titolo Eco di Napoli di Vincenzo De Meglio, la cui fortuna si è protratta fino al secolo successivo conoscendo diverse ristampe. Pubblicata poco dopo la metà degli anni ’70 dalla Ricordi, oramai divenuta protagonista anche sul mercato editoriale della canzone napoletana, l’Eco di Napoli uscì dapprima in 2 volumi, ciascuno contenente 50 brani, tra il 1876 e il 1877, ai quali si aggiunse poi un altro volume di 50 Canzoni popolari napoletane, apparso inizialmente come opera postuma presso l’editore Lucca.
Oltre a De Meglio e a Pietro Labriola e Luigi Biscardi che, avevano iniziato la loro attività da tempo, numerosi furono i compositori di canzoni napoletane di quella che possiamo considerare, a tutti gli effetti, la terza ed ultima “generazione” di un periodo posto agli albori della canzone napoletana: Alfonso Parrilli, Teodoro Pateras, Gustavo Tofano, Cesare Rossi, Antonio Pollio, Filippo Troisi e Ludovico Perullo.
Un particolare approfondimento merita Luigi Biscardi, compositore che si muove, come detto, a cavallo tra la seconda e terza fase. Le canzoni napoletane da lui pubblicate per le edizioni Girard sono 18 (come risulta dall’elenco fatto nel catalogo del 1874) e coprono un arco temporale che va più o meno dal 1846 al 1850. Alcune di esse, le ultime sei, furono pubblicate in un album dal titolo I Costumi di Napoli. Biscardi pubblicò anche per l’editore Clausetti (diversi brani sciolti e la raccolta Canti popolari napoletani del 1860) e per Fabbricatore (quattro suoi brani appaiono nella 2ª Raccolta di Canzoni Nazionali Napolitane che dovrebbe risalire agli inizi degli anni ’50). Ma la parte più consistente - e, dal nostro punto di vista, anche più interessante- della sua produzione di canzoni fu pubblicata dall’editore Calì verso gli inizi degli anni ’70 (al momento è difficile stabilire una datazione precisa) sotto il titolo generale di Collezione di canzoni napoletane con accompagnamento di pianoforte di Luigi Biscardi. Questa conteneva una serie di album (ne conosciamo almeno 8) con canzoni su testi di Sarno, Migliorato, Tancredi, De Matteis ed altri, dedicate prevalentemente alla descrizione dei vari “tipi” e “mestieri” popolari che forniscono, seppur spesso in chiave ironica e comica, un valido supporto alla descrizione antropologica del popolo napoletano di quel periodo. C’è da dire che alcuni di questi brani erano stati già pubblicati in precedenza da Biscardi presso gli editori Girard, Clausetti e Fabbricatore.
A parte la prima raccolta, tutti gli album sono conservati presso la sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli e tutti recano sul frontespizio delle graziose litografie di Gatti e Dura:
Protagonisti di quest’ultima fase anche una serie di editori “minori” dei quali, in mancanza di cataloghi, è difficile ricostruire la produzione editoriale: tra loro Biagio Giannini (attivo più o meno dal 1870 al 1890), Maddaloni (che aveva cominciato l’attività verso il 1860 col capostipite Gennaro e che proseguì con i vari eredi Francesco, Ettore ecc. fino al 1940) e Dionigi Calì (che aveva pubblicato brani e raccolte soprattutto di Luigi Biscardi). Tra gli editori non va dimenticato Federico Girard, figlio del capostipite Bernardo, che stampò prevalentemente musiche da ballo e spartiti per pianoforte ma anche alcune canzoni napoletane.
Sul finire degli anni ’70, il mutamento in senso “industriale” della canzone napoletana era ormai in atto e si farà sempre più forte il legame con riviste e giornali che inizieranno a farsi promotori di concorsi legati alle canzoni. Uno dei primi a lanciarli sarà proprio Luigi Chiurazzi che con il suo giornale, Lo Spassatiempo, nel luglio del 1877 annunciava un concorso per la canzone di Piedigrotta invitando i lettori a musicare un testo (Dimane po’ facimmo sto servizio di Lucia Riughizzi, uno dei tanti pseudonimi dallo stesso Chiurazzi). Questo concorso anticipava quello che dal decennio successivo diverrà un fenomeno diffuso, ossia l’indizione di concorsi piedigrotteschi legati a giornali o riviste, per cui Piedigrotta, da festa essenzialmente “rituale”, in cui si eseguivano tarantelle e canti devozionali, diventa una festa ‘spettacolare’ e ‘commerciale’. Anche dal punto di vista contenutistico e funzionale le canzoni muteranno: si faranno sempre più predominanti i temi lirici e amorosi (di cui il massimo rappresentante sarà Salvatore Di Giacomo) con funzione espressiva o di semplice intrattenimento (ad es. tutta la produzione che sarà poi legata al mondo del varietà e dei cafè-chantants). Ed anche la struttura delle canzoni muterà: si passerà da una canzone basata essenzialmente su una ripetizione di carattere strofico al modello “strofa-ritornello”, con due diverse sezioni della melodia.
Si giungerà così a una canzone napoletana esclusivamente “d’autore” che, però, vedrà al suo interno compositori di vario tipo: “colti” come Costa, Denza, Valente, che saranno gli eredi dei vari Donizetti, Mercadante ecc.; “semi-colti” come Di Capua, G. B. De Curtis e Di Chiara, diretti discendenti dei vari Labriola, Biscardi ecc.; ed infine quelli un tempo definiti “popolareschi” come E. A. Mario o i fischiettatori come Gambardella e Falvo, che saranno invece gli eredi di quei musicisti popolari “urbani” che avevano prodotto i brani per i fogli volanti, soprattutto durante gli anni ’40 e ’50 dell’800. La novità è che, adesso, essi non lavoreranno più a diversi “prodotti” destinati a differenti fruitori ma ad un unico prodotto ibrido, la “canzone napoletana”, frutto della commistione di elementi della musica “colta”, di quella “popolare” di area urbana e della cosiddetta musica “d’uso” per il ballo.
L’anno dopo la morte di Teodoro Cottrau, nel 1880, Funiculì Funiculà, un brano scritto dal giornalista Peppino Turco (fondatore del Capitan Fracassa e poi direttore del Don Marzio) e dal musicista Luigi Denza, allievo di Mercadante, per festeggiare l’inaugurazione della funicolare vesuviana, ottenne un successo clamoroso con un milione di copie vendute della versione a stampa della Ricordi. Iniziava la fase “classica” o “epoca d’oro” della canzone napoletana, ma questa è un’altra storia.
50 Canzoni popolari napoletane-Frontespizio
Eco di Napoli- Copertina e frontespizio
G. Cottrau, Passatempi musicali 1865
L. Biscardi, Collezione di canzoni napoletane Raccolta 2
L. Biscardi, Collezione Raccolta 3
L. Biscardi, Collezione Raccolta 4
L. Biscardi, Collezione Raccolta 5
L. Biscardi, Collezione Raccolta 6
L. Biscardi, Collezione Raccolta 7
L. Biscardi, Collezione Raccolta 8
L. Biscardi, I costumi di Napoli
L. Chiurazzi, Fascio de chellete nove contegnose e freccecarelle 1866
L. Chiurazzi, La Chitarra Napolitana (1869-1870)
L. Chiurazzi, La Chitarra Napolitana- Pubblicità
L. Chiurazzi, Scelta di Canzoni popolari
L. Chiurazzi, SPINE E ROSE 1870
Lo vero carnacottaro napolitano
Scelta di Canzoni popolari in dialetto napolitano
T. Cottrau ALBUM DELLA REGINA 1878
T. Cottrau, Brezze di Santa Lucia 1865
T. Cottrau, Canzone al principe di Napoli
T. Cottrau, Cri-cri. Canzone nuova di Piedigrotta
T. Cottrau, E benedetta Màmmata
T. Cottrau, Eco del Vesuvio 1874
T. Cottrau, Fronna d'Aruta 1875
T. Cottrau, La bannera de tre ccolure
T. Cottrau, La chitarra di Friso
T. Cottrau, La chitarra di Friso I Raccolta
T. Cottrau, La chitarra di Friso II Raccolta
T. Cottrau, La Sorrentina 1865
T. Cottrau, La Stella di Santa Lucia
T. Cottrau, La trezzella de Teresella!